Ebbene no, non abbiamo sbagliato, immagine e titolo corrispondono perfettamente! Il motivo? Semplice! Quello che erroneamente viene da tutti definito come "lento manubri" altro non è che un movimento distensivo degli arti superiori sul piano frontale, al contrario di quello che si è soliti pensare essere il vero esercizio avente tale denominazione il quale, invece, viene eseguito su un altro piano che nulla ha a che vedere con il frontale, ossia quello sagittale (vedi quì). Iniziare ad identificarlo con il corretto nome potrebbe già rappresentare il primo passo verso un corretto approccio all’esercizio, ecco che si può dunque iniziare a parlare di alzate frontali. Ma non solo l’appellativo può rappresentare una condizione sufficiente per riuscire ad approcciarsi nel giusto modo all’esercizio, questa infatti rappresenta la forma, ma la sostanza, che costituisce il vero elemento fondamentale alla bontà dello scopo, è rappresentata dalla corretta esecuzione biomeccanica che è il motivo primario per cui nasce questo articolo.Le alzate frontali si presentano come un esercizio biarticolare che interessa prevalentemente le articolazioni della spalla e del gomito coinvolgendo in particolare i muscoli deltoide (in particolare le sue porzioni anteriore e laterale) e tricipite brachiale ma interessando anche, in minor misura, la porzione superiore del trapezio nel movimento di abduzione del braccio ed estensione dell’avambraccio sul piano frontale. Questo è ciò che avviene normalmente quando il gesto viene eseguito secondo un movimento che inizia col braccio abdotto a 90° (spalla e gomito posizionati sullo stesso asse trasverso) e termina con un’abduzione di 180° (spalla, gomito e polso sullo stesso asse longitudinale). Modificando, invece, la posizione di partenza del gesto ed iniziando, dunque, già da 0°, ossia con spalla e gomito sullo stesso asse longitudinale e con l’avambraccio in completa flessione sul braccio, ecco che entra in gioco anche il muscolo sovraspinato, la cui azione è particolarmente evidente nei primi 90° di movimento per poi sostenere il movimento solo in modo isometrico come stabilizzatore.Definiti i gradi di movimento, prendiamo ora in considerazione un altro aspetto molto importante dell’esercizio, infatti, molto spesso, questo viene eseguito su un piano frontale puro, rischiando di predisporre l’articolazione della spalla al rischio di incorrere in infortuni. In misura preventiva, invece, bisognerebbe portare l’esecuzione del movimento su un piano che è di circa 30° anteriorizzato rispetto al frontale propriamente detto e, per questo, denominato "piano di protezione della spalla" o, molto più semplicemente, "piano scapolare". Neanche l’adduzione scapolare, che comunque deve essere presente, può far pensare di poter eseguire il movimento in posizione più posteriorizzata, né può sussistere la motivazione per cui posteriorizzare il gesto consentirebbe di attivare in misura maggiore i fasci laterali deltoidei, di fronte all’integrità articolare tutto il resto si annulla.Dunque, per una corretta esecuzione biomeccanica dell’esercizio bisogna posizionarsi in stazione eretta o seduta con apertura del passo podalico più o meno larga ma sempre con le punte dei piedi a seguire la direzione delle ginocchia che restano sempre leggermente piegate, retroversione del bacino, schiena eretta con scapole addotte, sguardo orizzontale e braccia posizionate lungo i lati del tronco con flessione del gomito e, quindi, dell’avambraccio sul braccio. Iniziare il movimento con un’abduzione del braccio sul piano scapolare terminandolo con la distensione dell’avambraccio in alto. A questo punto, se il sovraccarico è rappresentato da un bilanciere il movimento termina realmente qui, altrimenti, in qualsiasi altro caso di sovraccarico non congiunto con quello posto dell’altra mano, si consiglia di eseguire una leggera extrarotazione del braccio (per intenderci terminare con i palmi delle mani che si guardano tra loro) che consentirà un’attivazione dei muscoli extrarotatori della spalla. A questo punto tornare alla posizione di partenza riposizionando le mani sul piano scapolare.