Sempre più spesso, condizionati in particolare dalla turbolenta sedentarietà  caratteristica della società in cui viviamo, accade che una sempre maggiore fetta di popolazione si ritrovi a soffrire di problematiche legate al peso corporeo, con tutte le alterazioni che tale condizione comporta, non solo per ciò che riguarda la sfera estetico-culturale, poiché in tal caso occorrerebbe rispolverare alcune culture in cui grasso è meglio e persino bello, finendo quasi con l'essere una qualità di cui vantarsi, bensì ci riferiamo a tutte le predisposizioni che un eccesso di adipe comporta: arteriosclerosi, infarto miocardico, ictus cerebrale, artrosi (in particolare a carico delle gambe), complicanze respiratorie e diverse altre ancora. Ma in questo articolo vogliamo occuparci di una problematica aggiuntiva in cui spesso si rischia di incorrere per ovviare ad una condizione così deficitaria: le diete.
Ebbene si, le diete costituiscono sempre (o quasi) strategie di intervento che rischiano di aggravare un quadro già compromesso, in particolare quando ci si trova in presenza delle cosiddette "diete fai da te", ancora più dannose e squilibranti. Ma tralasciando quest'ultima tipologia che non rientra in alcuno schema delle scienze bio-mediche, occorre considerare che, al di là di tutti i minuziosi interventi che consentono una più opportuna ed equilibrata distribuzione dei micro e macronutrienti che una dieta criteriosa e ben strutturata è in grado di apportare, la maggior parte di esse presenta un modus operandi che si traduce in una diminuzione, a volte anche drastica, degli introiti calorici il cui risultato rischia di porre il soggetto in questione di fronte ad un particolare stato confusionale poiché, sebbene da un lato non possa riuscire a riscontrare evidenti miglioramenti nelle forme corporee nell'autocritica dinanzi allo specchio, ponendosi sulla bilancia apparirà netto il calo penderale a cui il suo corpo è andato incontro, per cui a chi dar ragione? All'errante criterio soggettivo del colpo d'occhio o alla precisione oggettiva di uno strumento opportunamente tarato allo scopo? La risposta appare scontata ma nonostante questa potrebbe apparire una strategia vincente nel breve termine, non potrà in alcun modo esserlo a lungo andare poiché, sebbene la bilancia potrebbe sembrare pendere a favore delle diete ipocaloriche, nel momento in cui si andrà ad effettuare un'attenta valutazione delle composizioni corporee sarà lì che salteranno fuori alcuni dati a dir poco allarmanti: la massa adiposa sarà molto probabilmente diminuita rispetto al punto di partenza, ma ad essere in larga misura intaccata risulterà essere anche la massa magra, ossia quella muscolare, che è quella metabolicamente più attiva nel nostro organismo. Tale condizione determina un "rallentamento" o, per meglio dire, una diminuzione del metabolismo che si accompagna ad un maggior incremento della massa adiposa anche in conseguenza dell'introduzione di quantità alimentari piuttosto esigue e questo sarà il motivo per cui, nel momento in cui si tornerà ad un regime alimentare per così dire "normale", o normocalorico, si riprenderanno i Kg persi con tanto sacrificio e rinunce ma con gli interessi, poiché andranno ad aggiungersi a quel quantitativo di massa grassa mai veramente scomparsa.
Ciò comporta due differenti risposte dell'individuo: tornerà ancora una volta dallo specialista o ne proverà un altro semplicemente per tornare a perdere peso, facendo si che inizi il circolo vizioso del dimagrimento-ingrassamento o di una dieta sempre più restrittiva che non terminerà mai, oppure si rassegnerà all'idea di non poter mai più rincorrere il corpo che si aveva anni addietro o che non si ha mai avuto ma che si ha sempre rincorso. Ma il motivo per cui questo accade è determinato dal fatto che si continua ad errare nella metodologia, poiché si insiste a dare più importanza alla quantità (peso) piuttosto che alla qualità (distribuzione corporea) (per ulteriori dettagli clicca quì e leggi l'articolo già trattato), quando invece per procedere nel modo più opportuno bisognerebbe lasciare quanto più possibile inalterato (nei limiti del possibile, ad eccezione di particolari stati psico-patologici) gli introiti calorici assunti, intervenendo possibilmente con una modificazione più sana ed equilibrata degli alimenti, da quì l'importanza dell'introduzione di una nuova visione di nutrizione: quella dell'abitudine alimantare, provvedendo al contempo ad innalzare la spesa energetica attraverso un'attività fisica opportunamente somministrata. Per far ciò ecco che appare sempre più indispensabile un'approccio multidisciplinare che richiede la cooperazione di due figure tra loro complementari: quella dello specialista in nutrizione umana e quella dello specialista del movimento umano, connubio che fa si che l'abbinamento alimentazione-attività motoria risulti essere sempre la strategia più  redditizia e che la chiave per un buon operato si traduce in una modificazione degli stili di vita.