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ALZATE SAGITTALI - ANALISI BIOMECCANICA DEL MOVIMENTO

17/05/2020 08:30

Dott. Angelo Pancaro

Biomeccanica,

ALZATE SAGITTALI - ANALISI BIOMECCANICA DEL MOVIMENTO

Le alzate sagittali si presentano come un esercizio monoarticolare mirato, per lo più, alla stimolazione dei fasci anteriori dei muscoli deltoidi, ma in minor m

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Nel precedente articolo ci siamo occupati di alzate frontali e del perché si chiamino così, oggi parleremo di alzate sagittali tralasciando quella che è la terminologia per soffermarci solo su quelli che sono gli aspetti biomeccanici del movimento.Le alzate sagittali si presentano come un esercizio monoarticolare mirato, per lo più, alla stimolazione dei fasci anteriori dei muscoli deltoidi, ma in minor misura anche di quelli alti del grande pettorale e dei capi lunghi dei bicipiti. Ciò è particolarmente vero nei casi in cui, dall’inizio del movimento a partire da 0°, il termine dell’esercizio è stabilito ai 90° secondo un movimento di flessione che avviene sul piano sagittale. Nel caso in cui, invece, il movimento termini a 180°, verranno progressivamente attivati i fasci laterali deltoidei e il muscolo sovraspinato.La sua corretta esecuzione, pertanto, prevede una partenza a braccio neutro (lungo il tronco) che si presenta, quando non vincolato all’attrezzo in questione, pronato (palmi delle mani rivolti indietro) in modo da allungare i muscoli coinvolti nella sua fase eccentrica del movimento. Quindi si intraprende un movimento di flessione dell’arto superiore il quale, gradualmente, comporta una supinazione (fino al raggiungimento della neutralità - mano che guarda il tronco) che sarà completa già ai 90° del movimento e che si mantiene tale fino al termine dell’esercizio (180°). A questo punto la fase concentrica, che risulta accompagnata ad un’espirazione, termina e il gesto si conclude con la fase eccentrica la quale è accompagnata ad un’inspirazione e che riporta l’arto alla posizione iniziale.Dopo questa breve descrizione biomeccanica bisogna prendere in considerazione alcuni punti particolarmente rilevanti che hanno portato l’esercizio ad essere ormai eliminato in sala pesi.Il primo riguarda l’attivazione muscolare particolarmente a carico del deltoide anteriore, muscolo già ampiamente stimolato in tutti quegli esercizi in cui vi è un’adduzione dell’omero sul piano trasverso eseguito su panca inclinata. Ciò ha portato ad un progressivo abbandono dell’esercizio al fine di non comportare uno squilibrio muscolare a carico della catena cinetica anteriore.Il secondo punto in questione prende in considerazione il forte stress in cui viene a trovarsi la cerniera lombare nel corso dell’esercizio. Questo, infatti, prevede un braccio di leva dalla resistenza troppo ampiamente sproporzionato rispetto a quello della forza espressa dai muscoli paravertebrali e ciò rischierebbe di rappresentare una possibile causa di traumatismi lombari.Tutto ciò, però, può tranquillamente essere controllato semplicemente adottando due piccolissimi accorgimenti: uno è quello di mantenere dei carichi non troppo elevati, limitandoli, al massimo, al 70-75% del massimale, o 1 RM. Ciò potrebbe rappresentare un’alternativa valida anche in chiave rieducativa dove, grazie all’utilizzo di carichi molto bassi o addirittura in assenza di questi, il gesto che si va a compiere può contribuire a ridare equilibrio e tono ad una serie di muscoli, posturali e funzionali, importanti.Il secondo accorgimento è quello di convertire l’azione di alzata in una di spinta, in cui quindi si procederà dapprima con una flessione dell’avambraccio sul braccio e, successivamente, in una flessione della spalla con contemporanea estensione dell’avambraccio. Ciò potrebbe rappresentare una soluzione particolarmente interessante per tutti coloro i quali sono interessati soprattutto all’aumento di volume muscolare in quanto qui i carichi possono anche aumentare, mantenendo perciò l’intensità percepita dai muscoli deltoidei del tutto paragonabile a quella presente nell’esecuzione classica. Infatti il minor braccio di leva che si verrebbe a creare in questo caso verrebbe tranquillamente compensato dall’aumento del carico che, comunque, non andrebbe in questo caso a gravare sulla schiena.Alleniamoci secondo scienza e consapevolezza per permette di preservare e sviluppare in modo ottimale il corpo umano!